Vivevo nella noia delle lunghe giornate assolate sulle colline del New Mexico; all’unico cinema di Taos non ci fu altro da vedere che “Lo squalo” per sei mesi di fila. Avevo fede nell’esistenza di qualcosa di reale sotto la superficie della vita, o nel bel mezzo della vita, ma spesso la mia stessa mente mi conciliava il sonno, o mi distraeva; eppure mente e vita erano tutto ciò che possedevo. Così cominciai a scrivere partendo di lì.
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Quando si comincia a scrivere in questo modo, cioè partendo da noi stessi, può essere necessario accettare di scrivere schifezze per cinque anni, perché dentro di noi ne abbiamo accumulate molte ma molte di più, e siamo stati ben felici di far finta che non ci fossero. Siamo costretti ad affrontare la nostra inerzia, le nostre insicurezze, il nostro odio verso noi stessi, e in ultimo la paura che in realtà non abbiamo niente di significativo da dire.
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Se non avremo paura delle voci dentro di noi, non avremo timore nemmeno delle critiche esterne. Oltre a ciò, queste voci sono semplicemente dei demoni, dei guardiani che proteggono il vero tesoro, i primi pensieri della mente.

(“Scrivere zen” – Natalie Goldberg)