Che senso aveva la vita? Nessuno, mi dicevo. Ero stato così felice che adesso non desideravo più nulla. Un tranquillo stupore, una ferma disperazione, una delusione per sempre, come se finalmente vedessi e toccassi con mano la verità ultima dell’esistenza. Ma se ero deluso, mi dico oggi, significa che prima mi ero illuso. Non può essere vero che la gioia che avevo provato poco prima fosse priva di pensiero! La gioia che poco prima avevo provato assomigliava, sebbene infinitamente più intensa, alla gioia di uno sforzo muscolare e sportivo, nuotare remare sciare, e assomigliava nello stesso tempo alla gioia della creazione artistica, conteneva cioè una strana certezza, istintiva e confusa ma anche solida, incrollabile, di arrivare così, crescendo come cresceva, a penetrare un mistero, a svelarlo, a capire ciò che non avevo mai capito: saprò, mi dicevo intanto, saprò, saprò, saprò: ancora un po’, ancora un po’, e al di là del massimo di questa gioia saprò. Ma al di là, poi, avevo capito che non c’è niente. O piuttosto: avevo capito che al di là di quella gioia c’è il niente.

(“La sposa americana” – Mario Soldati)