Erano tramonti sanguigni
quelli che, in silente tratteggio,
disegnavano la memoria.

Nel velo mobile della nebbia
ho visto dissolversi gli orizzonti
senza il batticuore della perdita.

Riemergeva il panorama, alfine
colmando di sé lo spazio
mai realmente svuotato.

Chi ero io in quel disegno?
Un tratteggio della memoria,
mi rispondo.

Tutto accade nel fondo;
l’inadeguatezza dell’amore,
la sua clandestina malia.

Il pazzo assiso sul marciapiede gridava il mio nome
compitandone ogni sillaba.
Poi, come uno scatto di corrente, taceva.

Per la via nessuno gli fa eco
e io mi spengo,
nel suo tacermi.

Che grandiosità nel silenzio delle umili cose*.

T.R.

(*Frase tratta da “Cenere” di Grazia Deledda)

(Poesia pubblicata sul numero di febbraio 2022 di Risme – rivista letteraria)