Noi viviamo magari nelle capitali e ci sembrano province. Abbiamo intorno una folla di gente e ci sentiamo esclusi dalla vita dell’universo. Siamo pieni di bovarismo dalla testa ai piedi, sempre ansiosi, nostalgici, indifferenti. L’orizzonte che abbiamo ci sembra piccolo, abbiamo la perenne sensazione di essere cascati in un punto sbagliato, e che la porzione di orizzonte che ci è toccata sia troppo esigua. In noi è il pensiero segreto che se avessimo avuto uno spazio più vasto dell’orizzonte, e intorno una folla più grande di amici e interlocutori, forse avremmo potuto avere un destino più alto. I legami famigliari, noi non pensiamo che possano arricchirci lo spirito, essi sono stati guidati a noi dal caso e nel caso non crediamo. Il caso si appare qualcosa di assai vile e spregevole. Crediamo solo nelle nostre scelte, e le nostre scelte sono sprezzanti, irrequiete, schifiltose e smaniose. Stiamo però sempre con i cannocchiali puntati, sperando che sopraggiunga qualcuno. Lettere, non ne scriviamo.

(“Mai devi domandarmi” – Natalia Ginzburg)