… la realtà continua per un po’ a farsi sentire, cioè irrompe nella nostra vita, e le irruzioni possono essere tante, più o meno acute, però ciascuna è un fatto isolato, come se la realtà avesse delle punte, o degli spigoli, ed è contro questi che noi sbattiamo, un po’ come uno che cammina al buio in una cantina, tutte le sporgenze dopo un po’ le conosce, le arcate basse ad esempio, quando nel buio le incontra con la calotta cranica e le riconosce come realtà, anche se più esattamente è lo spigolo vivo la realtà, il resto lo si immagina; e così i ferri delle mensole che si trovano all’altezza della fronte e lasciano il segno, o gli sgabelli dimenticati, o una serie di fiaschi vuoti in cui uno inciampa, queste sono realtà, che infatti sono confermate da lividi o rumore di cocci, o ammaccature agli stinchi; ma quello che c’è tra una sporgenza e l’altra, nel buio della cantina quell’intervallo tra una realtà e l’altra è frutto dell’immaginazione.

(“Il pensatore solitario” – Ermanno Cavazzoni)