L’uomo di mezza età è intrappolato in un addio che si protrae senza mai compiersi. Che sia lui, si domanda, a non voler compiere l’addio. O che sia lei. La questione è lunga di mesi, di pioggia e di vento. I binari della stazione sono colmi dello stridìo di treni ora vicini ora lontani. Ora di nuovo vicini. L’uomo di mezza età si reca in stazione ogni giovedì alle 14.37 in punto. Aspetta l’arrivo del regionale, lascia che i passeggeri vi scendano, poi che la banchina si svuoti, quindi a testa bassa, incassata nella spalle, smunto il volto, e scheletrico, ritorna a casa. L’addio non si compie, e così tra un giovedì e l’altro l’uomo sta d’attesa. La sua abitazione ne è carica. Non v’è posto per altro. Solo per l’attesa, che riempie ogni spazio al punto che se qualcuno avesse modo di affacciarsi alla finestra del terzo piano di via dei D., al civico 7/a, si accorgerebbe dell’alone polveroso dal quale emerge la figura opalescente dell’uomo che aspetta. E ne proverebbe una gran pena.

T.R.