Una donna non più giovane, dal portamento dimesso, attende che si compia l’alba. È sveglia dalle 2.37 di questa notte. Succede così da diversi mesi. Il volto della donna non mostra anni anagrafici, bensì esperienziali. Così che contando le rughe ai bordi degli occhi, rughe lievi, si intuisce di lei che ha poco pianto, sorridendo, invece, sovente, d’imbarazzo. Nel solco carico tra i due sopraccigli emerge una tendenza alla riflessione ossessiva. Dei sentimenti v’è traccia solo nella postura. Rigida e guardinga. Anche adesso che con sguardo eccitato attende l’alba, la donna ha le braccia conserte e imprime al gesto una forza non necessaria. Nella mente le si affacciano pensieri minuti, rivolti alle mansioni domestiche, agli impegni del calendario. Una volta che si compirà l’alba, come ormai accade da diversi mesi, la donna libererà le braccia dalla morsa, si solleverà dalla sedia con piccole algìe da postura, e ritornerà a letto. Non è dato sapere se la donna dormirà nel lasso di tempo tra l’alba e il suono della sveglia. L’unica certezza, a oggi, è che domani il rito dell’attesa si compirà tal quale. Sullo sfondo di un circo invisibile. La città e le sue acrobazie.

T.R.