La vita era una lunghissima stanchezza dal troppo riposare; la vita era una quantità di signore che conversano senza ascoltarsi, nei salotti delle case in cui di sera in sera si aspetta una festa come un sollievo. E così, a forza di vivere nella posa di un ritratto mal riuscito, l’impazienza di Eponina era diventata paziente e compressa, identica alle rose di carta che sbocciano sotto le campane di vetro.

(“Un’innocente crudeltà” – Silvina Ocampo)