Ciò che mi rimane soprattutto impresso, quando penso al lager, ciò che per così dire mi si fa sempre più vicino, mentre sul posto quasi non si avvertiva, o non si avvertiva più di tutto il resto: gli steli che vibrano sui baluardi rossastri, e il fatto che dappertutto, ovunque ci trovassimo, non si vedesse che il cielo.

(“Diario di antepace” – Max Frisch)