Passeggiare è un’arte povera, un far niente pieno di cose, il piacere di scrivere una pagina bianca, una risacca dolce della nostra vita minima. Passeggiare vuol dire partire per arrivare, ma senza impegno, perché ci si può fermare prima, cambiare percorso, inseguire un’altra idea, prendere una strada secondaria, fare una digressione. Passeggiare è abbandonare la linea retta, improvvisare il percorso, decidere di volta in volta la rotta, girare a vuoto nella penombra, non avere paura di ascoltarsi. Passeggiare è accarezzare un palazzo o una strada che ti sono cari, dove non passi per caso, ma perché vorresti incontrare qualcuno. Passeggiare talvolta è un perdersi breve, in un piccolo spazio, una microfisica dell’avventura, da cui si torna con una storia da raccontare. Passeggiare è ritornare a se stessi e a quella parte di noi che è la premessa di tutto (…).

(Franco Cassano, “Modernizzare stanca: perdere tempo, guadagnare tempo”, citato ne “La pedagogia della lumaca” di Gianfranco Zavalloni)