“Sono felice, sono felice, sono felice, sono felice, sono felice, sono felice, sono felice, sono felice, sono felice, sono felice, sono felice, sono felice, sono felice, sono felice, sono felice, sono felice, sono felice, sono felice, sono felice, sono felice, sono felice, sono felice, sono felice, sono felice, sono felice…”
“Che hai da urlare, smettila!”
“Scusa signor gufo, grifagno e goffo.”
“Goffo tua sorella! Che hai dunque da urlare?”
“Sono felice signor gufo, camuso e predace.”
“Ma come parli?”
“Parlo come mi ha fatto la mia mamma, dotto e leprotto.”
“Dunque tu sei il famoso Dotto Leprotto!”
“La mia fama mi precede? Son punto io, Dotto Leprotto.”
“Piacere, io sono Gufo Grifagno.”
“C’avevo visto giusto!”
“Sì, a veder giusto hai visto giusto ragazzo, ma la mia domanda ancora interroga.”
“Perché sono felice? Codesta è la domanda?”
“Sì.”
“Sono felice perché sono vivo.”
“E basta?”
“Par poco?”
“Par parco più che poco.”
“Ne convieni?”
“Ne convengo.”
“Ma io sono felice sol per questo.”
“La mia esperienza mi dice che non basta!”
“La tua esperienza, appunto.”
“Tu osi mettere in discussione la mia esperienza? Sono mille anni che popolo questa cavità lignea, mi devi rispetto.”
“Qui non si discute di esperienza ma di felicità.”
“Le due cose – esperienza e felicità – collidono?”
“Talvolta l’esperienza inasprisce i cuori.”
“Apperò, il mio cuore inasprito dall’esperienza, è questo che mi stai dicendo?”
“No, Gufo Grifagno, non sto dicendo un bel nulla. Sono solo felice e vorrei godermi il momento.”
“Urlando a squarciagola la tua felicità?”
“Sì, anche così. Ma anche rimanendo in silenzio nella mia tana, anche quando sono silenzioso io sono felice.”
“Tu mi infastidisci. Per me possiamo anche salutarci. Addio Dotto Leprotto.”
“Addio Gufo Grifagno.”

T.R.