Misura m 4,70 per 5. Pensavo a quante aule simili a questa ci sono ancora nel mondo per farci vivere i bambini nell’età che più di ogni altra ha bisogno di spazio, di verde, di sole e di moto. Scatole di mattoni. C’è una terribile somiglianza fra le celle di una vecchia prigione e le aule delle scuole: c’è la stessa ossessiva fissità delle strutture percettive (colori, forme, superfici), la stessa monotonia psicologica. Nella sosta di mezza mattina, quando le scolaresche scendono nel cortiletto privo di verde, sorvegliate dai maestri, hai l’impressione di essere tra detenuti che pigliano aria. Con una differenza: che mentre il prigioniero in cella è lasciato solo con i suoi pensieri e in un certo senso gode della «libertà» di pensare ai fatti suoi, nelle aule c’è un maestro che né i bambini né le famiglie hanno scelto, il quale si prende i ragazzi e li abitua a ripetere ciò che egli dice, premiando quelli che meglio si adeguano. Ai bambini comandano tutti e quindi lui si sente a posto: i genitori a casa, il prete in chiesa, il maestro a scuola; poi comanderà il dirigente al partito o al sindacato, il sergente al soldato e infine il padrone in fabbrica. Cresciuto uomo così, si rifarà comandando alla moglie e ai figli e allungherà la catena, che nessuno osa spezzare perché ognuno di noi tende a diventare secondino. Dirai che sono esagerato, ma non c’è nulla come le istituzioni che rivelino come è tenuto in considerazione l’uomo. Per me, chi ha inventato le scuole simili a prigioni non pensava certo alla libertà del suo prossimo.

(“Il paese sbagliato” – Mario Lodi)